Il tratturo Magno
Agosto 1, 2019A settembre in Abruzzo è “tempo di migrare”.
“Settembre, andiamo. È tempo di migrare./ Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori/lascian gli stazzi e vanno verso il mare:/scendono all’Adriatico selvaggio/ che verde è come i pascoli dei monti”.
Cosi citava il Vate Gabriele D’Annunzio.
Quella della transumanza è una tradizione antica, antichissima che nei secoli ha segnato la storia e l’aspetto delle genti e delle terre abruzzesi. Settembre è il mese della” transumanza” in cui i pastori ripartono per lo spostamento delle greggi verso sud, verso il tavoliere delle puglie per cercare d’inverno pascoli non ghiacciati e climi più miti, percorrendo le vie naturali dei “tratturi”. A maggio, lo spostamento è a ritroso di nuovo verso nord, per tornare a casa, alla ricerca di erbe montane appena spuntate dopo lo scioglimento delle nevi, su pascoli mantenuti verdeggianti dal clima delle montagne d’Abruzzo.
Dopo la via Francigena e il Cammino di Santiago, il “percorso dei tratturi”, le lunghe vie d’erba, un’autostrada d’erba che scende dalle montagne dell’Abruzzo, attraversa vallate, borghi e piccoli centri, fino ad arrivare nelle pianure di Foggia, nel Tavoliere della Puglia.
Il Tratturo L’Aquila-Foggia, con i suoi 244 km, era il più lungo, grande e il più importante dei cinque Regi Tratturi: per questo motivo, era chiamato anche “Tratturo Magno”. Si tratta del più “adriatico” di tutti, convogliando le enormi greggi provenienti dai massicci del Gran Sasso, di parte del Sirente e della Majella ai vasti pascoli del Tavoliere delle Puglie, dopo aver lambito in più occasioni le sponde del Mar Adriatico; unico caso nel quale le pecore e i pastori arrivavano a toccare anche materialmente l’acqua del mare. Da esso si diparte e poi si ricongiunge il Regio Tratturo Centurelle-Montesecco, collegati a metà strada anche dal Tratturo Lanciano-Cupello. Il suo tracciato, un vero e proprio percorso storico tra l’Abruzzo e la Puglia attraverso il Molise, parte dalla Basilica di Collemaggio dell’Aquila ed è caratterizzato nell’Aquilano da tratti alquanto integri e da numerose chiese tratturali. Il Tratturo Magno veniva percorso dalle greggi al pascolo sul versante sud del Gran Sasso e sul versante nord del Sirente, seguendo sotto la città di L’Aquila il corso dell’Aterno per circa 10 chilometri.
L’inizio può essere simbolicamente individuato nel Parco della Transumanza, adiacente alla Basilica di Collemaggio, edificata nel XIII secolo proprio con il contributo della corporazione dei Lanaioli. Tutto il centro storico dell’Aquila è stato costruito con le ricchezze derivanti dalla pastorizia e dall’Arte della Lana, e poi ancora ricostruito dopo il terremoto del 1703 grazie all’esenzione totale per trenta anni dal pagamento dei fitti per le Locazioni in Puglia concessa dal Viceré ai notabili aquilani, proprietari di greggi numerosissime. Questo tratturo è stato oggetto negli ultimi anni di un sistematico studio da parte dell’Associazione Tracturo 3000 che dal 1997 lo ripercorre ogni anno.
I pastori transumanti percorrevano queste antiche vie a piedi, in fila, uno dietro l’altro e ognuno col suo gregge, e la sera si stendevano sui prati tutti insieme, esposti al freddo e alla fatica, mangiavano pan cotto e ricotta con tanto vino che scaldava la strada e il cuore lontano da casa. Il cibo scarseggiava e si mangiava carne solo quando qualche pecora moriva per cause accidentali o azzannata dai lupi. Durante la notte mentre riposavano, erano soggetti a continui pericoli come furti di bestiame, assalti di lupi e morsi di serpenti e proprio per questo si narra che i pastori quando riposavano “dormivano con un occhio solo”, appunto per vigilare il bestiame. La vita del pastore non era facile, caratterizzata da privazioni e stenti. Quando in estate seguiva le greggi, era costretto a ripararsi per la notte in delle grotte che erano adibite anche a ricovero animale. Oppure quando non vi erano ripari naturali, costruiva rifugi in terra o in pietra o anche capanne a “tholos”, costruzioni dalla copertura a cupola a base circolare o quadrata.
Nel silenzio delle lunghe ore passate a fare la guardia al gregge, il pastore impiegava il tempo intagliando legno o scrivendo i propri pensieri incidendoli sulle rocce che incontrava lungo i tratturi. Soprattutto sulla Majella troviamo incisioni un po’ ovunque, in zone circoscritte, diventate oggi dei veri e propri santuari che testimoniano la vita pastorale dei transumanti.
La transumanza segnava la vita dei pastori, ma anche quella delle loro mogli, che restavano sole nel periodo in cui in campagna c’era tanto da fare, con i campi da mietere, le patate da raccogliere e i legumi da battere. Donne forti, madri coraggio delle montagne abruzzesi, abituate alla fatica fisica che preparavano il necessario per i lunghi viaggi dei mariti pastori e badavano alla famiglia “da sole” per tutto il periodo della transumanza. Oggi sono rimasti pochi i “pastori d’Abruzzo” e anche di quelle antiche vie erbose rimane ben poco. Pare che l’ultimo spostamento a piedi di pastori con le greggi sia avvenuto nel 1972. Questo mestiere antico, sacrificato e pieno di rinunce, non si rispecchia nelle nuove generazioni di oggi.
Il Tratturo Magno è stato in attività fino a una cinquantina di anni fa, poi gli animali si sono iniziati a trasportare con treni e camion. Il percorso è stato riscoperto da un gruppo di appassionati, desiderosi di riportare in luce un cammino di grande importanza per la vita agricola e culturale del passato. La loro associazione si chiama TracturoMagno e ha il patrocinio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Il percorso è stato “rispolverato” dall’oblio (sono state anche trovate le antiche pietre miliari con la scritta RT, cioè Regio Tratturo) e ricostruito grazie all’aiuto di mappe storiche e moderne tecnologia GPS. Lo si realizza in una decina di giorni di cammino. Il Tratturo è una marcia “verde” carica di storia, che fa conoscere vallate e borghi, rovine archeologiche e piccoli centri. Il tutto, ripercorrendo i passi appunto di un mondo agro-pastorale ormai scomparso.