Il piccolo Tibet abruzzese, Campo Imperatore
Giugno 21, 2019Il più esteso e imponente altopiano dell’Appennino
Campo Imperatore, di grande impatto paesaggistico, presenta numerose peculiarità floristiche e faunistiche, nonché interessanti aspetti geologici e geomorfologici. Salendo da Assergi per il valico della Fossa di Paganica, o dal borgo medievale di Castel del Monte per il valico di Capo la Serra, oppure da Farindola per il Vado di Sole, l’orizzonte si estende, gli spazi si allargano, le dimensioni diventano immense quando ci si affaccia su Campo Imperatore.
L’altopiano, posto a una quota variabile tra i 1500 e i 1900 metri, è lungo circa venti chilometri, con una larghezza che varia dai tre ai sette chilometri; il pendio sale dolcemente, in un alternarsi di pianure alluvionali di origine lacustre con morene lasciate dagli antichi ghiacciai, rock-glaciers, nivomorene, circhi glaciali, brecciai e fiumare, pareti rocciose.
Le cime che delimitano e circondano quello che viene comunemente definito come il “Piccolo Tibet” sono tra le più elevate e suggestive dell’Appennino: la Scindarella (m. 2233) e Monte Portella (m. 2385), con i loro spettacolari circhi glaciali; Corno Grande (m. 2912), che domina dall’alto delle sue quattro vette e Monte Aquila (m. 2494), la sua naturale anticima; i dolomitici Brancastello (m. 2385) e Monte Prena (m. 2561), dalle tormentate forme ricche di canyon, l’erboso versante meridionale di Monte Camicia (m. 2564). Campo Imperatore è di origine tettonica, con la morfologia modellata dalle alluvioni e soprattutto dai ghiacciai, dalla neve e dai fenomeni periglaciali. Sono, infatti, ancora visibili le morene di fondo, laterali e frontali di quello che, fino a quindicimila anni fa, era il ghiacciaio più grande dell’Appennino: dalla valle di Monte Aquila scendeva, per circa undici chilometri, fino alle Coppe di Santo Stefano, coprendo una superficie di oltre venti chilometri quadrati. Ciò che maggiormente colpisce e affascina, a Campo Imperatore, sono gli spazi, le vaste dimensioni che sono sempre totalmente visibili, grazie anche alla vegetazione che è esclusivamente erbacea: l’esposizione e la centralità nel massiccio ne fanno un’area dal clima continentale, freddo in inverno e fresco in estate, quasi arido sui dossi e sulle creste. La vegetazione assume caratteristiche molto differenti in funzione della morfologia, del vento, della copertura nevosa: le vallecole sono relativamente umide e presentano rare specie di piante di origine nordica, mentre le morene e i dossi ospitano una vegetazione tipicamente steppica, di origine orientale. Caratteristiche di questi ambienti sono le “fiumare”, distese di ghiaie che scendono al disgelo dalle profonde incisioni del Brancastello e di Monte Prena, sulle quali si possono osservare piante che generalmente vivono alle quote superiori oppure interessanti endemismi. Gli sterminati pascoli sono utilizzati per l’alpeggio estivo delle greggi di ovini e delle mandrie di bovini ed equini che d’inverno transumano in Puglia, in un rito che ormai si ripete da migliaia di anni. Su questo altopiano si è consumata in una profonda solitudine, spesso rotta da forti momenti lirici ed emotivi, la dura vita di generazioni di pastori.
Il mondo vegetale è caratterizzato dagli immensi pascoli di graminacee, con prevalenza di festuche, seslerie, codoline, forasacchi, palei e cervino; sulle fiumare le piante più caratteristiche sono la violacciocca italiana (Matthiola italica), entità endemica dai fiori violetti o gialli e le foglie verde chiaro, il camedrio alpino (Dryas octopetala), simbolo dell’artico, da cui prende il nome l’ultima recrudescenza fredda delle passate ere glaciali, il “Dryas recente”, la sesleria delle paludi (Sesleria caerulea), specie rarissima segnalata sull’Appennino solo in quest’area; abbondante è la presenza di Ononis cristata apennina, endemismo centro-appenninico.
L’altopiano di Campo Imperatore costituisce l’habitat elettivo della vipera dell’Orsini (Vipera ursinii), un piccolo serpente che si nutre di insetti. Si tratta di una specie esclusiva delle montagne più elevate dell’Appennino Centrale, che proprio sul Gran Sasso presenta la popolazione più importante nell’ambito del suo areale distributivo. Si tratta indubbiamente di una delle specie faunistiche di maggior interesse, che testimonia gli scambi faunistici e floristici tra le montagne appenniniche e quelle balcaniche, fino alle steppe eurasiatiche. La vipera dell’Orsini è specie strettamente protetta anche da convenzioni internazionali, vista la sua rarità ed estrema vulnerabilità.